Le persone che vengono a sapere che lavoro faccio hanno tante domande curiose ad esempio “come vive un cieco dalla nascita?”.
Sveliamone alcune e cerchiamo di dare delle risposte.
Sul non vedente e tutto ciò che è ad esso attinente c’è molta disinformazione e spesso luoghi comuni, credenze ancestrali. A volte noto, in chi non conosce questo “mondo”, una certa distanza rispettosa come se ci si rivolgesse a qualcosa di incomprensibile, esiste una venerazione come di chi si trova davanti a qualcosa di straordinario e misterioso nello stesso tempo.
Ovviamente l’alone di mistero non è altro che mancanza di conoscenza che a sua volta genera opinioni e credenze spesso discutibili.
Ma come si fa a non aver mai visto nulla, neanche i volti dei propri cari? Gli oggetti? L’ambiente?
A qualcuno che sta leggendo queste domande potrebbero sembrare davvero assurde ma ti assicuro che sono piuttosto comuni. Non ti nego poi che anche io, prima di avvicinarmi a questo tipo di disabilità, ero molto disinformata, avevo poche idee ed anche piuttosto confuse.
Quindi cerchiamo di dare delle risposte e, se qualcuno all’ascolto volesse integrare con ulteriori informazioni e osservazioni è ben accetto anzi sicuramente prezioso! Puoi lasciare il tuo commento contattandomi!
Facciamo un po’ di chiarezza intanto affermando che se una persona nasce non vedente non ha la minima idea di cosa voglia dire vedere e quindi, almeno inizialmente, non può avere la percezione di qualcosa che gli manca soprattutto perché mancandogli il processo imitativo dipendente dalla vista, le sue esperienze sono solo ed esclusivamente extra-visive.
La consapevolezza quindi di tale situazione come differente dalla maggior parte delle persone si ha dopo una certa età, quando il bambino comincia a percepirsi all’interno di un mondo fatto di persone che reagisco alle situazioni diversamente da lui.
Quindi, come per la maggior parte dei bambini, tutta la prima parte dell’infanzia è segnata dalla spensieratezza, se in famiglia trovano adulti di riferimento stabili, abbastanza sicuri, in grado di infondere sicurezza e trasmettere esperienze di vita, in grado di lasciar vivere esperienze.
Come in tutte le famiglie lo stile educativo chiaramente influenza la crescita, l’arricchimento esperienziale. In una famiglia con una persona non vedente in età evolutiva risulta ancor più cruciale il processo di presa di consapevolezza. Un clima famigliare che tiene accesa la curiosità lascia spazio all’emergere di domande a cui poter dare risposte. Spesso spaventa il pensiero di queste domande perché è difficile trovare le risposte giuste da dare ma è peggio se queste domande non vengono poste perché si rischia di crescere una persona protetta da una bolla che prima o poi è destinata ad esplodere.
Come distingue i colori un cieco dalla nascita? Come abbina i vestiti?
Una persona non vedente impara presto quanto siano importanti alcune caratteristiche/attributi ad oggetti che sono prettamente visive, come per esempio il colore degli abiti. Può sembrare assurdo ma esplicitare, tra le varie caratteristiche (come forma, grandezza, consistenza, caratteristiche superficiali) anche i colori è molto importante perché è importante per chi vede e quindi già il bambino richiede queste informazioni anche se non ne conosce realmente il significato.
Quindi dai informazioni, più informazioni possibili, stimola la curiosità, cerca di rispondere, come puoi, alle domande che ti vengono poste da chi non vede. Per esempio è anche importante far capire che ci sono delle “regole sociali” sull’abbinamento dei colori che la persona deve imparare presto. Organizza in modo semplice e sistematico gli spazi in casa perché il bambino possa il più presto possibile imparare a riordinare i suoi oggetti e sapere dove reperirli. Anche i vestiti devono essere organizzati nell’armadio per tipologia e per colore. L’aspetto della sistematicità è fondamentale, una caratteristica che il non vedente deve fare propria il più presto possibile!
Lo so, non è facile, soprattutto quando si ha a che fare con dei bambini ma con un po’ di pazienza e di costanza tutto diventerà automatico!
Quindi come vive un non vedente?
Come chiunque altro si potrebbe dire! Dedicando le sue attenzioni a tutto ciò che lo circonda, conoscendo il mondo, gli oggetti e le persone attraverso 4 sensi….si perché non esiste solo un senso ovvero la vista! Per chi vede pare che la vista sia l’unico senso che conta veramente…certo è importante ma gli altri quattro sensi sono fondamentali, soprattutto il tatto e l’udito. Il secondo tra l’altro segue in parte le stesse regole della vista, ma di questo parleremo più avanti quando vi racconterò tutto il lavoro effettuato da Ida Terzi sulla prospettiva acustica!
Certo che ci sono differenze, non voglio banalizzare o semplificare la situazione e non possiamo negare queste diversità. La vita di un bambino non vedente richiede un più ampio dispendio di energie. Quando non si vede ci vuole molta attenzione, concentrazione, ci si stanca più facilmente anche perché non appena l’attenzione cala la frustrazione è dietro l’angolo…una botta contro un mobile, un inciampo, perdita momentanea dell’orientamento anche in casa propria. Anche vivere queste frustrazioni diventa importante perché aiutano il bambino ad imparare, quindi non eliminiamole ma cerchiamo di mediare e di aiutare/supportare la persona nel momento in cui si verificano.
In età adulta la persona non vedente, con il crescere delle esigenze, si troverà a dover affrontare sfide sempre maggiori, quindi è certamente una vita più complessa, ci vuole grinta e voglia di mettersi in gioco!
E allora giochiamo! Io ci sono! Ti aspetto per supportarti nel tuo desiderio di autonomia!