Tu chiamale se vuoi emozioni…
Oggi facevo lezione di orientamento e, come spesso mi capita, ho accennato alla mia esperienza in simulazione (con benda sugli occhi) di quando ho fatto la scuola per diventare tecnico di orientamento e mobilità…
Mentre parlavo il mio allievo, che saluto perché spero che stia leggendo questo articolo, mi chiede:
“Senti Chiara ma che emozioni hai provato mentre facevi le lezioni bendata?”
Insomma mi chiede le mie emozioni ad occhi chiusi, le mie emozioni cieche!
Dopo avergli risposto che ci avrei scritto un articolo sull’argomento, mi trovo a riflettere.
Sono ormai passati 11 anni da quando ho frequentato il corso e i ricordi forse si sono un po’ affievoliti.
Riesco a trovare una risposta da dargli sul momento, ma ora che mi trovo a pensare in modo più approfondito a quell’esperienza, mi accorgo che di cose da dire ce ne sarebbero molte…
La partenza
Vorrei prima di tutto spiegarti come sono arrivata a decidere di fare la scuola per diventare istruttore di orientamento e mobilità.
In realtà ci sono approdata quasi per caso, anche se io ritengo che nulla avvenga per caso.
Una carissima collega educatrice ed amica (di quelle amiche che rimangono per sempre anche se ad un certo punto le strade si dividono e non ci si trova più) mi chiama un giorno a nome dell’associazione AIRMT alla quale ero associata da diversi anni…
Mi chiede a nome di quell’associazione di partecipare alle selezioni per il corso che si sarebbe tenuto a Milano, della durata di circa 9 mesi…
Devo dire che sul momento non sapevo cosa rispondere, anche perché nel 2007 ero già sposata, vivevo in provincia di Varese ed avevo un lavoro a tempo pieno, quindi come facevo ad organizzarmi per poter frequentare questo corso???
Poi lei mi racconta il perché l’associazione ci tenesse, infatti il Metodo Terzi nasce proprio dal lavoro di Ida Terzi con i non vedenti! Io che ero già profondamente innamorata di questo metodo ed altrettanto profondamente affascinata dal lavoro di Ida, ho deciso in breve tempo di accettare questa proposta e tentare di accedere al corso!
In realtà non sapevo praticamente nulla dei non vedenti, di come vivono, per quale tipo di lavoro mi stavo preparando… Però mi bastava sapere che, se dal lavoro non alunni non vedenti, Ida Terzi era riuscita a ideare uno strumento così potente… forse avrei anche potuto capire maggiormente le origini!
La cooperativa presso la quale lavoravo come educatrice è stata davvero disponibile e le sono ancora riconoscente (cooperativa sociale Il Seme di Cardano al Campo), perché mi ha concesso 9 mesi di aspettativa per poter partecipare a questo magnifico corso!
La selezione
Così la mia avventura è cominciata con il colloquio di selezione, nel quale sinceramente non penso di aver fatto una gran bella figura… Ero convinta, come molte persone, che un cieco non potesse orientarsi e muoversi in autonomia in luoghi sconosciuti e ricordo che lo dissi in quel colloquio…
Bhe probabilmente è stata premiata la mia sincerità!
Comunque sia, quando ho iniziato a frequentare il corso mi ha subito entusiasmato! Forse ti starai chiedendo perché?!
Le simulazioni: emozioni bendate
In questo percorso formativo non c’è solo la necessaria teoria, ma la parte principale, quella che ti forma veramente, è la pratica!
La prima volta che mi hanno fatto indossare la mascherina è stato come se non avessi mai vissuto… quella che era stata la mia vita fino al quel momento sembrava non avere più un senso.
Il modo di ragionare, il modo di vivere quei momenti era profondamente diverso da quello a cui ero abituata! Per me è stata una viscerale scoperta! Ho cominciato a vivere le mie emozioni cieche!
Scoprire come vivere le situazioni senza necessariamente appoggiarsi completamente al canale visivo. Scoprire che esistono altri canali che ti possono dare emozioni e completezza anche essendo “senza” qualcosa.
L’ho vissuta fin dall’inizio come una sfida per me stessa. Certo che era una sfida che avevo scelto e non che mi era piovuta dal cielo, che comunque potevo scegliere anche quando viverla e quando no…
Tutto questo è profondamente differente da chi è costretto in una situazione di privazione sensoriale e dalla quale non può decidere di uscire.
Bisogna essere onesti con se stessi, è devo esserlo anche con i miei allievi, non mi permetterei mai e poi mai di paragonare la mia esperienza in simulazione alla situazione di vita di una persona non vedente e ipovedente.
Comunque, nonostante si trattasse di situazioni artefatte momentaneamente, ho provato emozioni che i miei allievi mi riportano spesso: frustrazione, rabbia, delusione, confusione… Poi però c’è stato spazio anche per gioia, scoperta, fiducia!
Il potenziale di ognuno…in ognuno
Quello che però ho scoperto è che fare esperienza in prima persona mi ha aiutato e mi aiuta a fare il mio lavoro con maggiore consapevolezza del limite e, soprattutto, delle grandi potenzialità di ogni persona!
Siamo persone con competenze che vanno al di là di quello che pensiamo o immaginiamo!
Aspiro, nel mio lavoro, a far nascere nuove persone, perché quell’emozione di scoperta di sé possano viverla anche altri!
Un grazie speciale ai docenti ANIOMAP che continuano per me ad essere un esempio di professionalità.